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LUOGO-PSICHE IN KEROUAC E BALLARD: IL PAESAGGIO COME ESTENSIONE DELLA MENTE


Riflessioni sul rapporto luogo-psiche... dedicato a chi ha letto e conosce almeno in parte i lavori di James G. Ballard e Jack Kerouac. La prima stesura di questo articolo risale al 2010, oggi è stato riveduto e ampliato.
Il paesaggio come estensione dell'anima (con anima intendo l'interiorità individuale, psichica ed emotiva) non è un concetto nuovo: è stato elaborato ampiamente e superbamente da menti molto diverse tra loro. Tra quelle che ho avuto il piacere di incontrare nelle mie letture, Jack Kerouac e James Ballard si possono collocare a cento miglia di distanza in termini di stile narrativo e visione del mondo (il primo icona della letteratura beat americana anni 50, il secondo icona britannica del "fantastico speculativo" dagli anni 50 ai 2000), ma si ritrovano assieme all'ombra di questo concetto e questo ha qualcosa di straordinario.
Kerouac parla del paesaggio e dell'anima in termini strettamente personali e ci racconta i suoi momenti di vita in ogni loro sfaccettatura: quello che scrive nell'arco di tutta la sua esistenza altro non è che un infinito e ciclico diario. Ballard utilizza personaggi e situazioni di finzione per esternalizzare ed estremizzare il rapporto luogo-psiche, facendo una sorta di analisi/diagnosi del comportamento umano.

James G. Ballard (1930-2009)
Procedendo alla lettura di Kerouac e Ballard si incontrano punti in comune: si potrebbero fondere insieme scene dell'uno e dell'altro per avere due punti di vista complementari. I bisogni che fanno muovere Kerouac e i personaggi di Ballard (almeno in parte delle sue opere) sono fondamentalmente gli stessi. Primo: muoversi liberamente tra le contorsioni della società, sia partecipandovi attivamente che subendola passivamente, con la consapevolezza di come essa influenzi l'individuo. Secondo: ambire all'armonia con il contesto, sia esso quello artificiale che quello naturale. Due desideri opposti e contraddittori che coesistono in noi in modo molto più tangibile del dualismo bene/male. C'è un costante movimento di andata e ritorno per la difficoltà o impossibilità di prevalere da parte di uno dei due (soprattutto in Kerouac, eternamente inquieto; Ballard, sfruttando la finzione, a volte concede delle soluzioni).
Come esempi si possono considerare Big Sur di Kerouac (in realtà tutti i suoi romanzi maggiori, ma in questo forse più di tutti emerge una personalità spaccata in due), di Ballard l'intera trilogia catastrofica d'inizio carriera (Il mondo sommerso, Terra bruciata, Foresta di cristallo) e il più tardo Il giorno della creazione (nei quali i protagonisti sono ossessionati dal raggiungimento di una condizione superiore che coincide con il ritorno a uno stadio atavico). Nel discorso potremmo far rientrare anche alcuni testi di Clifford D. Simak (Oltre l'invisibile, L'anello intorno al sole) precursori di questi concetti.
Ballard utilizza scenari di fantasia (un futuro a breve termine o un presente estremizzato, comunque basati su elementi reali e ben radicati nella nostra realtà) e pone l'uomo di fronte a paesaggi "forti" o di potente simbolismo. Dalle città sommerse dall'acqua o dalla sabbia e le foreste primitive (la già citata trilogia catastrofica ma anche Hello America), si passa alle strade e ai palazzi dei sobborghi metropolitani, agli immacolati villaggi vacanze sul mare e ai complessi di supercondomini di lusso (L'isola di cemento, Super Cannes, Regno a venire). Questi scenari sono un'estensione delle psicologie dei personaggi, che possono quindi esplicitarsi attraverso luoghi, discorsi e azioni. Esempi palesi sono Il condominio, ambientato all'interno di un palazzo che costituisce di fatto un microcosmo completo dove si sviluppa una civiltà/società nuova, e L'isola di cemento, ambientato su un'isola spartitraffico che diventa l'unica realtà concepibile per l'uomo che vi resta intrappolato. Più avanti, in Cocaine Nights una comunità di vacanza sulla costa francese diventa simbolicamente la "spiaggia terminale" dell'umanità, dove ci si sdraia a oziare per sempre, con i comfort (cocktail, telecomando) a portata di mano; così come in Regno a venire un destino simile è rappresentato dal mega centro commerciale.

Jack Kerouac, 1922-1969

Kerouac è fedele invece alla "povertà" della realtà che lo circonda, per così dire alla sporcizia delle strade, ai fermenti artistici delle metropoli e al concetto di viaggio come scoperta ed emanazione del proprio vero io. Perciò i boschi e le autostrade d'America, le stazioni di benzina e le bettole dove si suona jazz, le donne e la promiscuità, tutto questo è l'estensione tangibile di una ricerca interiore, una ricerca di identità, che non potrebbe esistere se non fosse catalizzata da quegli stessi elementi, grazie all'attrazione che esercitano (strada uguale libertà) in un cerchio infinito che si autoalimenta. Quasi tutta la produzione di Kerouac è incentrata su questa ricerca, in particolare i romanzi principali: Sulla strada, Big Sur, Angeli della desolazione, I vagabondi del Dharma, Viaggiatore solitario, solo per menzionare i più popolari. Non meno importante in Kerouac è il rivolgersi al passato personale nel disperato e impossibile desiderio che la vita adulta possa raggiungere la stessa pace e armonia che caratterizzava il periodo dell'infanzia. La casa di famiglia a Lowell (città natale), i luoghi e momenti di ritrovo magici (autunno, Natale), il fratello Gerard (deceduto in tenera età): essi sono tanto l'origine (perduta nel passato) quanto la meta (desiderio di catarsi assoluta).
L'apparente dislivello tra i due autori si annulla soprattutto in virtù di quest'ultimo aspetto. In entrambi la psiche assume un comportamento di reverenza e catarsi nei confronti del luogo fisico e il personaggio ambisce al suo grado zero: il livello più istintivo, naturale, ancestrale, privo di artefatti e di regole limitanti. Non solo le restrizioni etiche, ma anche la costrizione data dal corpo fisico sono un problema.
Più importante dell'esito, almeno per il lettore, è la visione generale del meccanismo: la mente altera il luogo, il luogo altera la mente. Il paesaggio esterno e l'interiorità psichica rappresentano l'uno l'estensione dell'altra e sono in costante e reciproco rapporto. Questo tipo di sensibilità ci accomuna tutti: è un'impronta digitale collettiva, dell'umanità intera, sebbene non sia facile da cogliere o da spiegare. Il concetto del viaggio "on the road" alla scoperta di se stessi non può non essere ricondotto alla figura di Kerouac. In generale la cultura (letteratura, musica, arti visive) americana del XIX e XX secolo è intrisa di wilderness, il rapporto uomo natura. Ciò dovrebbe rendere l'idea di quanto siano presenti e ben radicate queste fascinazioni, anche se non ne parliamo mai, nella nostra sensibilità individuale, nell'immaginario globale e per conseguenza nella cultura popolare.

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Commenti

  1. James G. Ballard non lo conosco ma ora che ne sento parlare da te lo leggerò

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