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CORDWAINER SMITH E LA STRUMENTALITA', DA RISCOPRIRE


Cordwainer Smith è un nome (d'arte) poco conosciuto nel panorama letterario, anche in quello della fantascienza. Scompare prematuramente negli anni 60 dopo aver scritto poche cose: un romanzo, Norstrilia, e una serie di racconti che rimane incompiuta, il Ciclo della Strumentalità (attualmente introvabile). Entrambi sono ambientati nello stesso universo e costituiscono un'unica, ampia visione.


Norstrilia è stato ripubblicato recentemente in Urania Collezione. In origine esce in due parti separate (L'uomo che comprò la Terra, L'uomo che regalò la Terra), poi riunite nella loro struttura originale dopo la morte dell'autore.
È un romanzo davvero strano: distrugge qualsiasi preconcetto con cui il lettore possa partire. Mi riesce persino difficile riassumere la trama, e dato che di solito preferisco dire il meno possibile lasciando agli interessati tutto il piacere della lettura, dirò soltanto che la vicenda ruota attorno a un ragazzo contadino, sulla cui figura potrebbe partire un fantasy tipico, che "gioca in borsa" la sua eredità miliardaria diventando proprietario dell'intero pianeta Terra. Vive su Norstrilia, colonia umana indipendente che riesce a sopravvivere con la vendita di una droga derivata da pecore mutanti.
Lo stile del romanzo è ironico, ma non perché voglia essere divertente. L'ironia scaturisce dal protagonista: attraverso i suoi occhi irriverenti ci viene fatto il ritratto di Norstrilia, della Terra e naturalmente delle vicende che seguono. Il tutto tende verso il paradossale, pur essendoci un fondale realistico e ricco di ingegno. L'intenzione dell'autore è quella di giocare con la fiaba e il racconto orientale (l'ottima postfazione in Urania sottolinea molto bene questo aspetto). La sua originalità e la sua freschezza sono certamente il risultato che l'autore sperava.
Anche i personaggi sono trattati con cura. Non è fantascienza d'azione, né moralistica, né fatta di personaggi-macchietta, sebbene non arrivi alle vette filosofiche di Simak o Ballard. Norstrilia si colloca a metà, ma è un caso unico, diverso per stile da tutto il resto. Un libro che merita di essere scoperto. Le sue 350 pagine ci raccontano una vicenda lineare e grottesca, nella quale si può persino dire che non succede niente. Qualcosa succede, è ovvio, ma non secondo ciò che ci si aspetterebbe. E si nota un uso del colore, proprio come si direbbe di un pittore con la tavolozza, che rende il quadro splendente e affascinante: l'occhio ne resta incantato, desideroso di proseguire. Lo so, è strano parlare in questi termini di un libro, ma Norstrilia mi ha dato proprio questa sensazione. La sua bizzarria potrebbe anche sortire l'effetto opposto; di sicuro esisterà qualcuno che odia questo libro.
Pagella: idee alla base ***1/2 , sviluppo **** , consigliato ****


Del Ciclo della Strumentalità ho letto solamente il primo volume, più due o tre racconti appartenenti al secondo apparsi in altre antologie; sono le uniche cose che si possono trovare in rete in formato ebook (del volume 2 non sono riuscito a trovare nessuna traccia).
Dopo i primi tre o quattro racconti, ambientati (pare) nel nostro tempo e piuttosto surreali, Smith entra nel vivo con vicende e personaggi erranti e bizzarri, narrate nel suo stile inconfondibile alla stregua di miti o leggende da tramandare al lettore. Anche in questo caso, il meno che si possa dire è che si tratta di racconti a cui non si è abituati. Certe idee riguardo la tecnologia e l'uso della logica ricordano Asimov, mentre l'uso di simboli e di paesaggi, che vogliono essere più interiori che non esteriori, ricorda l'avanguardia di Ballard. Ma di fatto Smith non ha un'appartenenza se non in se stesso.
Tanti scrittori possono aver pensato di raccontare un universo e un continuum attraverso piccoli episodi separati, autoconclusivi, ma pochi lo hanno fatto in forma di racconti riuscendo così originali, variopinti, grotteschi e al contempo precisi e realistici. Il lettore non si sforza per credere a ciò che legge. È proprio la forma l'aspetto di più interesse in Smith: non è tanto il narratore onnisciente, ma un cantastorie del futuro (strizzando l'occhio alla forma del racconto orientale, come ho già detto). Smith, come tanti altri Autori (Sturgeon, Simak... giusto per menzionarne due), mette l'uomo al centro delle sue vicende, prima ancora della trama o dell'azione. Questa scelta si rispecchia nella forma, nell'estetica con cui scrive. Le premesse dell'universo della Strumentalità potevano essere adeguatissime per una grande space-opera, ma non è proprio questo il risultato a cui Smith intende arrivare.
A livello tematico, i racconti pongono l'accento su diversi concetti che l'autore ha elaborato lungo tutta la sua vita. “Il concetto fondamentale della tematica di Smith è che l'uomo, nella sua debolezza, di fronte all'infinità del cosmo, non può ottenere nulla per nulla. Ogni sua conquista deve essere pagata al prezzo di qualcosa: e maggiore sarà la conquista maggiore sarà il sacrificio. I «controllori» […] per avere la possibilità di viaggiare nello spazio senza perdere la ragione, sono costretti a privare il loro sistema nervoso delle terminazioni periferiche riducendo se stessi non più a uomini, ma a freddi automi. […] La distanza stessa fra le stelle diviene un ostacolo sormontabile esclusivamente a patto della rinuncia completa al tipo di vita proprio all'umanità.
Smith esamina poi l'idea di una “dittatura illuminata” che governa un universo, e le stratificazioni sociali estreme a cui ha portato. “[...] Il contatto a livello mentale fra uomo e animale, concetto che portò in seguito all'ideazione degli «homunculi» (Underpeople), esseri a metà strada fra l'umano e il bestiale, generati con lo scopo di servire i loro creatori.”
C'è inoltre “l'idea di un universo ostile: nel cosmo, «sotto lo spazio», si scopre, vivono entità […] pronte a distruggere o a far impazzire chi si avventura nelle sue profondità” (dall'articolo “Gli universi della fantascienza” in apertura all'edizione Futuro Fanucci).
Pagella: idee alla base ***** , sviluppo **** ½ , consigliato ****

Leggi anche:
Philip J. Farmer: pt.1, pt.2, pt.3

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