mattbriar

KING: MR MERCEDES (2014), LA REALTÀ NON È UNA SERIE TV


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Il 30 settembre è uscito l'ultimo romanzo di Stephen King (anche se in USA l'ultimissimo è in realtà in arrivo a novembre, Revival, noi siamo un po' in ritardo). Non ho resistito alla tentazione e l'ho letto immediatamente, anche perché si era fatto un gran parlare di questa detective story totalmente atipica per King, ed ero curioso di vedere in quale modo il Re aveva rigirato la frittata a sua immagine e somiglianza.
Un po' come per Joyland, dunque, è facile approcciarsi a Mr. Mercedes con la sensazione di un libro "minore", da una parte a ragione, dall'altra a torto. A ragione perché è atipico, è palesemente una sperimentazione in cui King gioca alla sua maniera con un genere e gli archetipi su cui è costruito. A torto perché, dato che King sa fare il suo mestiere e ha una scrittura sempre fresca e innovativa, il libro risulta tutt'altro che inferiore alle aspettative e più che degno del suo nome; non importa che non vi siano gli elementi fantastici ed emotivi che contraddistinguono le sue opere centrali. Sotto questo aspetto il “freddo” Mr. Mercedes è agli antipodi del malinconico Joyland, fornendo ulteriore esempio della capacità di King di muoversi trasversalmente ai generi e alle aspettative, anche tra un libro e il successivo (pensate che Mr. Mercedes si colloca tra Doctor Sleep, di cui ho ampiamente parlato qualche settimana fa, e il prossimo Revival, il quale si preannuncia come un ritorno al gotico moderno di Cose Preziose o Le Notti di Salem; questa variabilità, a mio parere geniale, si è accentuata nell'ultimo ventennio).
Detective story non è proprio una definizione esatta, semmai è il punto di partenza, di certo però non rappresenta il quadro nella sua totalità. Tanto per cominciare, in una detective story (o giallo alla Agata Christie) l'autore non svelerebbe subito, a poche pagine dall'inizio, l'identità dell'assassino. Invece King lo fa: sappiamo subito chi è mr. Mercedes, e da lì in avanti veniamo proiettati in un viaggio nella sua follia, nella sua vita indecente, nelle miserie di un emarginato che forse, nell'intera galleria kinghiana, è il più estremo dei Peccatori. Indurci a seguire il filo dei suoi folli ragionamenti (indurci a credergli, persino) è il pane quotidiano di King, che non viene meno alla sua grande abilità.
La sua controparte è Hodges, poliziotto in pensione, sovrappeso, annoiato al punto da accarezzare l'idea del suicidio: tutto il contrario dell'eroe da giallo che ci si aspetterebbe. I suoi "aiutanti" sono personaggi altrettanto improbabili e messi alle strette da un mondo spietato: un giardiniere nero, una ricca ereditiera un po' sboccata e la sua cugina un po' ritardata. Senza svelare nulla del loro ruolo, è una galleria di personaggi talmente inaspettati da essere palesi incarnazioni della tagliente comicità di King. Se poi ci mettiamo le continue citazioni a serie televisive di moda degli ultimi anni (di genere crime ma non solo), e alle boy-band di livello squallido, ci sembra di sentire King che ride sguaiatamente osservando il mondo "serializzato" (anche nel senso di "fatto in serie") nel quale ci ritroviamo tutti, dove ci si aspetta che fatti, cose e persone corrispondano alla realtà programmata e ripetitiva dell'entertainment. La cornice di Mr. Mercedes è, a mio parere, una risata di spirito sulle nostre abitudini, sulla mass-medializzazione occidentale all'inizio del terzo millennio. Poi c'è lo spettro della crisi economica mondiale, che viene qui rivestito di un ruolo simbolico importante dato che mr. Mercedes, per compiere la sua strage, sceglie una fila di disoccupati in attesa disperata di una proposta d'impiego. La crisi è complice nell'autodistruzione della sua famiglia, è ciò che lo porta all'emarginazione e dunque alla follia.

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Finora ho parlato della cornice al romanzo, che è molto importante per comprendere la scelta dello scrittore di addentrarsi in questo genere, non limitandosi appunto al semplice esercizio di stile. Veniamo alla storia, ovvero l'elemento che trattiene l'occhio del lettore sulla pagina. La storia è intensa perché i personaggi lo sono: essi danno forma a una rincorsa tra gatto e topo, a suon di provocazioni e reazioni tutt'altro che delicate. La tensione - intesa come "voglio assolutamente sapere cosa accade dopo" - è alle stelle. Non guasta che il libro sia di sole 450 pagine, divise in capitoletti che King alterna posando lo sguardo su Hodges e su mr. Mercedes, e viceversa, rigirando a piacere l'inseguito dall'inseguitore. Si crea un vortice sublime che non ci permette di posare il libro, per lo meno dopo il primo centinaio di pagine, quando i preamboli sul pensionamento di Hodges sono terminati e King non vi indugia più. L'azione entra in campo frenetica e da lì si sale, da manuale, fino al climax conclusivo.
Stephen King all'inizio degli anni 90 si dedicò a una serie di libri incentrati su figure femminili in crisi, scrivendo una trilogia abbastanza al di fuori degli schemi rispetto al passato. Alcuni elementi di quei libri (personaggi femminili, lo stile in prima persona) hanno continuato a ricorrere anche in seguito, in romanzi e novelle. Se paragoniamo quel tentativo letterario a questo, la differenza è ovvia (sradicare e rimaneggiare la detective story non ha la stessa ripercussione di addentrarsi nella psiche femminile come in Dolores Claiborne e Rose Madder, libri con un respiro molto ampio e senza generi). Eppure, guarda caso, Mr. Mercedes inaugura una trilogia che King dedicherà al detective Hodges (il secondo libro, Finders Keepers, è atteso nel 2015 in USA) ed è anche il primo romanzo di King la cui narrazione è al tempo presente, contribuendo molto alla dimensione cinematografica o televisiva delle scene. Questo fa pensare che un'importanza ce l'ha, per l'autore; non è una semplice tentazione di fare puro divertissement. Sarà interessante vedere come prosegue la storia e fin dove spingerà King.

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