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KING: IL BAZAR DEI BRUTTI SOGNI (2015), CONSOLIDARE LA TRADIZIONE SENZA SMETTERE DI SORPRENDERE


Il bazar dei brutti sogni come da tradizione raccoglie una ventina di racconti brevi scritti negli anni recenti e in molti casi pubblicati su riviste americane.
Che King abbia sempre brillato per i romanzi non è un segreto, tuttavia abbiamo assistito a una piacevole evoluzione della sua narrativa breve: è nata affondando le radici nell'horror (raccolte come Scheletri, A volte ritornano e Incubi e deliri) per poi trasformarsi in una narrativa che mescola e scherza con i generi ma che rimane, nella sua sostanza, narrativa contemporanea difficilmente etichettabile con un genere, pur mantenendosi all'interno della grande famiglia del Fantastico.
Anche i racconti di questo Bazar che insistono con le fascinazioni più marcatamente gotiche, per esempio “La Duna” e “Il bambino cattivo”, dimostrano una ricchezza e un respiro umanistico tali (i personaggi sono un vero e proprio trademark kinghiano, lo sappiamo) da relegare a un ruolo marginale qualunque risvolto horror o weird. Non che sia sbagliato scrivere storie di genere, ma qui King dimostra di saperci fare con racconti di grande spessore letterario, di portata molto ampia, difficilmente paragonabili alla maggior parte di quelli della sua prima fase.
Un altro esempio: in “Io seppellisco i vivi” il mix tra la narrativa senza genere (uno scapestrato giornalista che scrive per una webzine irriverente) e l'elemento fantastico (quello che lui scrive diventa realtà) raggiunge la perfezione. Dimostrando ancora una volta che King è capace di far crescere piante miracolose su qualsiasi terreno. Ne parla anche nelle sue illuminanti prefazioni: ha sempre adorato i racconti, e li adorerà sempre, sia come lettore che come scrittore. Ogni racconto si apre con una breve introduzione dove l'autore racconta un pezzetto di se stesso che ha a che vedere con quella storia. Molto apprezzato.
In Bazar ci sono almeno un paio di momenti dove il racconto è poco più che una scusa per esporre una riflessione ispirata a fatti reali (“Herman Wouk è ancora vivo” si basa su un fatto di cronaca, “Quell'autobus è un altro mondo” su un evento personale). I racconti che ne risultano sono intimi, lievi e sussurrati come una confidenza.
C'è poi un episodio di maggior peso, intitolato “Ur”, con il quale King colloca un altro, piccolo tassello del suo mosaico più grande, costituito attorno all'epopea della Torre Nera e delle varie storie che vi si collegano lateralmente. Ma “Ur” è un racconto affascinante anche al di là delle connessioni interne. Facendo parlare i personaggi, King esprime il suo pensiero, come lettore e come scrittore, sugli ebook. Al centro del racconto c'è infatti un Kindle... sebbene molto particolare. Discute quindi dell'aspetto più attuale del mondo dentro il quale lavora, la letteratura (tematica che peraltro emerge spesso tra le righe dei suoi romanzi, si pensi al classico Shining o anche all'ultimo Chi perde paga).

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Un altro momento interessante è “Miglio 81”, in apertura alla raccolta, che pesca da quella narrativa fantastica e densa di mistero resa grande da King (e che ha reso King grande), con un “mostro” preso a piè pari da Buick 8 ancor più che da Christine. Non un capolavoro ma di certo un rinnovato esempio del King più classico.
Alcuni altri momenti sono sotto la media. Vuoi per la traduzione italiana che annulla la metrica originale, vuoi perché King non è decisamente un poeta (come ammette candidamente lui stesso), i due poemi “La chiesa d'ossa” e “Tommy” sono piuttosto indigesti. Anche “Premium Harmony” e “Fuochi d'artificio ubriachi” non mi sono parsi all'altezza del resto della raccolta (sebbene in essi fa il suo ritorno dopo molto tempo la cittadina di Castle Rock, distrutta nel 1991 dagli eventi raccontati in Cose Preziose).
Tra gli altri racconti, il più vicino alle fascinazioni lovecraftiane è “Il piccolo dio verde del dolore”. Un paio si assestano sul genere thriller (“Moralità” e “Giù di corda”). C'è persino un racconto a tema baseball intitolato “Blocco Billy”.
Difficile farsi un quadro uniforme su una raccolta di racconti: qui più che mai a vincere è il gusto e la sensibilità personale del lettore, che apprezzerà più il King umanista o più il King gotico. Ma è decisamente un buon libro di racconti che pesca in un mare di spunti, idee e riflessioni. A tratti sorprende e a tratti consolida la sua stessa tradizione: proprio quello che ci si aspetta se si conosce bene Stephen King.
E a questo proposito, per concludere sono obbligato a citare il momento più divertente di Bazar: la prefazione a un racconto dove King rivela di aver incontrato al supermarket una signora anziana che gli ha detto: “La conosco. Lei è Stephen King. Scrive storie del brivido. D'accordo, alcuni la adorano, ma io non sono tra quelli. A me piace la roba edificante, come Le ali della libertà.”
E King (me lo immagino con quel suo sorrisetto sardonico) ha risposto: “Be', ho scritto io il racconto originale.”

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